PENSIONE: SUGGERIMENTI PRATICI PER I RITARDATARI
Data pubblicazione: 25 giugno 2024
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Quando si inizia a notare i primi capelli grigi, è già troppo tardi. Questo è uno dei numerosi errori comportamentali che i risparmiatori fanno in termini di pianificazione finanziaria: iniziare troppo tardi ad accumulare risparmi per la pensione. È risaputo che gli effetti della capitalizzazione composta si sviluppano al meglio nel lungo periodo, permettendo a chi inizia presto di ottenere un capitale finale molto più elevato, anche con versamenti mensili inferiori.
Questa considerazione è ancora più valida nell'attuale contesto storico, che rendono più difficile accumulare capitale in poco tempo. Inoltre, l’aumento della longevità della popolazione in Italia incide negativamente sui tassi di conversione in rendita dei montanti finali, richiedendo quindi risorse finanziarie maggiori per garantire un flusso di reddito dignitoso in pensione. Pertanto, un buon consulente finanziario dovrebbe incoraggiare i propri clienti a iniziare a risparmiare il prima possibile per la pensione integrativa, poiché quella pubblica diventerà inevitabilmente insufficiente. Non è raro che nonni e genitori finanzino il fondo pensione dei nipoti o dei figli fin dalla loro giovane età.
Tuttavia, l’Italia è nota per essere piena di ritardatari. Periodicamente, sulla stampa specializzata e sui principali social media compaiono articoli, commenti, grafici e considerazioni che sottolineano questo fatto, quasi denigrando quei risparmiatori che hanno trascurato di pianificare adeguatamente per il futuro. Il buon consulente finanziario dovrebbe occuparsi anche di queste "pecorelle smarrite", cercando soluzioni alternative per permettere loro di mantenere un tenore di vita adeguato nella fase di pensionamento.
Cosa fare allora?
Ecco alcuni suggerimenti pratici (a volte apparentemente banali, a volte di non facile realizzazione) per affrontare pragmaticamente il problema. È doveroso premettere che non tutti i suggerimenti sono applicabili a tutti e che in presenza di vincoli finanziari o patrimoniali stringenti, le soluzioni possibili diventano alquanto limitate. Inoltre, in casi di povertà assoluta, sono gli schemi sociali e assistenziali pubblici a dover risolvere il problema, non certo la pianificazione finanziaria.
Risparmiare di più (se possibile)
Sembra banale dirlo, ma non sempre è facile farlo. Tuttavia, è un punto di partenza imprescindibile. Se una persona non ha accumulato abbastanza capitale fino a un'età avanzata (ammettiamo 50/55 anni), è comunque doveroso che inizi a farlo (laddove possibile), anche se ciò non risolverà completamente il gap previdenziale alla data della pensione.
Per farlo, è necessaria un'attenta analisi delle abitudini di consumo (si veda anche il metodo Kakebo), magari redigendo un bilancio familiare che permetta di individuare quali spese possono essere ridotte per aumentare il risparmio annuo. Sarà necessario escludere obiettivi finanziari non imprescindibili (viaggi, auto nuova, orologio di marca, ecc.) per concentrare tutti gli sforzi sulla finalità pensionistica.
Lavorare di più e più a lungo
Questa è un’altra ipotesi non sempre praticabile, ma da non scartare a priori. Chi ha la possibilità di fare straordinari o diversificare le proprie fonti di reddito, magari aggiungendo un’ulteriore attività remunerata, dovrebbe seriamente considerarlo. Ovviamente, nessuno è tenuto a fare l’impossibile, ma con un po’ di creatività qualcosa può emergere, anche grazie alla tecnologia (Uber, Airbnb e simili).
Lavorare più a lungo è un'opzione da considerare per chi può permetterselo. Da un punto di vista strettamente finanziario, lavorare oltre i 65 anni, ammettiamo fino ai 70, riduce la fase di pensionamento e permette quindi di accumulare di più, migliorando i fattori di conversione in rendita o le soluzioni di decumulo.
Proteggersi, almeno
Per coloro che non possono attuare i primi due suggerimenti, è consigliabile almeno proteggersi adeguatamente contro eventi negativi estremi, come invalidità e non autosufficienza. Se il risparmio accumulato non è sufficiente per mantenere l’attuale tenore di vita nella fase pensionistica, è importante evitare di cadere in povertà assoluta in caso di spese straordinarie per cure e assistenza (badante, casa di riposo, medicinali, ecc.), specialmente se non ci si può appoggiare ad altri familiari.
In tal senso, sul mercato italiano si stanno diffondendo prodotti Long Term Care (LTC) a vita intera che, se attivati a tempo debito, permettono con piccole cifre mensili di garantirsi una rendita in caso di non autosufficienza anche in tarda età. Simili coperture possono essere ottenute anche attraverso l’associazione a forme di mutuo soccorso, tornate in auge recentemente.
Casa dolce casa
Il caro vecchio mattone è stato per molti anni l’unico investimento a lungo termine dei risparmiatori italiani. Quando ancora non si parlava di previdenza integrativa, l’acquisto di immobili era spesso considerato il modo più semplice per garantirsi una rendita in tarda età, grazie agli affitti che avrebbero dovuto coprire i costi di gestione.
Col senno di poi, sappiamo che queste erano false credenze: il valore degli immobili può anche scendere significativamente; trovare buoni affittuari non è facile e gli affitti netti non sempre garantiscono una rendita significativa.
Tuttavia, l’immobile rimane un asset fondamentale nel bilancio familiare degli italiani; circa metà della ricchezza nazionale è allocata lì. È quindi imprescindibile pensare anche alla monetizzazione della propria casa (e/o di eventuali altri immobili posseduti) ai fini pensionistici. Ma in che modo, se un tetto sopra la testa è comunque necessario?
Purtroppo, il prestito vitalizio ipotecario, ossia la versione italiana del reverse mortgage americano, stenta a decollare. Un'alternativa potrebbe essere la vendita della nuda proprietà con relativa trasformazione in rendita del ricavato. Oppure, si potrebbe pensare a una permuta abitativa accompagnata da una riduzione dei metri quadri, spesso più che abbondanti quando i figli se ne sono andati.
Ridurre la superficie abitativa e ricollocarsi in zone meno costose (ad esempio, dalla città ai paesi periferici) potrebbe non solo ridurre i costi di mantenimento della casa, ma anche permettere di ricavare un differenziale in denaro utilizzabile per colmare il gap previdenziale.
Infine, in caso di persone sole, di età avanzata e senza eredi, la vendita definitiva della propria abitazione potrebbe essere necessaria per finanziare l’alloggiamento in una casa di riposo o in una RSA.
I gioielli di famiglia
Questa è una soluzione di nicchia. Ci riferiamo a quei rentier che hanno ereditato non solo denaro e immobili, ma anche beni di lusso di valore non trascurabile: quadri, mobili, gioielli, monete d’oro, auto d’epoca, collezioni di libri antichi, ecc. Pur essendo spesso di non facile smobilizzo, questi beni potrebbero essere utilizzati come supporto nella fase pensionistica, anche a costo di non lasciarli in eredità.
Meno consumo non significa meno felicità
E se tutto quanto sopra non fosse sufficiente o praticabile? Allora diventa necessaria una riduzione del proprio tenore di vita, a volte solo parziale, a volte maggiormente incisiva.
Pensandoci bene, però, si tratta di una soluzione naturale e storica. Da sempre, le persone anziane tendono a ridurre i propri consumi, specialmente quelli discrezionali, nella fase di pensionamento. Il problema è che oggi, almeno nella prima parte di questa fase (dai 65 ai 70 anni), la tendenza è quella di spendere di più, dato che la vitalità e la mobilità sono ancora elevate.
Molti ritardatari dovranno purtroppo tornare alle vecchie usanze e tirare i remi in barca prima del dovuto. Tuttavia, ciò non significa necessariamente essere infelici. Si possono mettere in atto comportamenti virtuosi che permettano di non rinunciare a troppo. La più importante e scarsa risorsa a nostra disposizione, il tempo, può essere sfruttata in maniera più efficiente: le vacanze si possono fare fuori stagione e prenotando in anticipo; le offerte migliori possono essere maggiormente sfruttate; e le scelte di investimento possono essere pensate in maniera più oculata attraverso un rapporto stretto con il proprio consulente.
Rimangono però due rischi: da un lato, il verificarsi di eventi estremi negativi potrebbe avere effetti dirompenti in mancanza di adeguate coperture; dall’altro, il buon consulente deve essere consapevole, e informare il proprio cliente, che alcuni costi rimangono fissi e non possono essere ridotti nemmeno in tarda età (in particolare i costi di gestione dell’abitazione), mentre altri tendono addirittura a crescere (spese mediche, medicinali, visite specialistiche).
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